Nel corso degli ultimi secoli, e con la possibilità di una datazione sempre più precisa, abbiamo scoperto che la Terra ha 4,54 miliardi di anni.
L’homo sapiens però è comparso solo 200.000 anni fa, vale a dire lo 0,004% del tempo in cui il nostro pianeta è esistito. Una percentuale ridicola, che potrebbe sembrare irrilevante per modificare una cosa così antica, grande e solida come la Terra, eppure è così.
A un certo punto della storia si sono invertiti i ruoli tra azioni e reazioni uomo-terra e, da che era quest’ultima a dettare e modificare gli esseri umani, adesso siamo noi ad essere una vera e propria forza geologica, con un potere paragonabile a quello dei processi naturali.
Questa nuova era geologica, in cui gli umani fanno da padroni, è chiamata Antropocene, ed ha instaurato enormi dibattiti sul futuro e sulle responsabilità.
L’inizio dell’Antropocene si colloca in una data precisa: nel 1945 con l’esplosione delle prime bombe atomiche, ma è certo che il problema sia nato negli anni addietro.
Il primo studioso che ne parlò fu Paul Crutzen, chimico olandese e premio nobel, che negli anni ’80 formulò questa nuova parola che letteralmente significava “l’era dell’uomo”. Tuttavia i tempi non erano ancora maturi.
Adesso però è l’urgenza più grande dobbiamo fronteggiare.
Ci sono 7 segni che fanno capire l’inizio di questo nuovo corso della storia della Terra, 7 eredità scomode lasceremo sul pianeta anche quando la nostra specie non ci sarà più.
Le esplosioni nucleari: come già detto prima, dal 1945 sono stati fatti esplodere 2421 ordigni che lasciano un impronta radioattiva sul pianeta.
I combustibili fossili: l’utilizzo dei combustibili segna infatti uno dei passaggi fondamentali all’Antropocene.
Plastica, alluminio e cemento: sono questi i tre materiali dell’essere umano, largamente ed eccessivamente prodotti e che rimarranno sulla Terra dopo di noi.
L’impronta geologica: l’uomo è riuscito a cambiare anche il suolo attraverso operazioni minerarie, perforazioni ma anche con l’urbanizzazione di certe zone e la deforestazione.
I fertilizzanti: per sfamare la popolazione in aumento sono stati utilizzati fertilizzanti per l’agricoltura e per produrre mangimi destinati agli allevamenti intensivi.
Il cambiamento climatico. Anche questo è un segno, un’enorme firma che l’essere umano ha lasciato e sta ancora scrivendo sul futuro del pianeta.
L’estinzione di certe specie: abbiamo condotto all’estinzione l’83% delle specie animali viventi. Ma sapete qual è la cosa più assurda? È che tra quello potremmo esservi anche noi.
Se dovessimo estinguerci domani, i nostri prodotti materiali sparirebbero tra diecimila anni, ma le alterazioni biogeochimiche dei cicli del carbonio, del fosforo e dell’azoto resterebbero ancora milioni di anni dopo di noi.
La questione dell’Antropocene è semplice da capire ma complessa nella sua risoluzione: se l’umanità ha davvero il potere di cambiare il futuro della Terra, cosa deve fare per riuscirci?
Innanzitutto dobbiamo cambiare il sistema. E non dobbiamo aspettare che qualcuno lo faccia per noi, né tantomeno che il pianeta si ribelli a quello che le stiamo facendo.
Non è la solita storia, si tratta più di un’impresa biblica, la più epica di sempre: noi che abbiamo in mano il futuro del pianeta e dobbiamo salvarlo.
Salvare lui per salvare anche noi.
E dovremo presto adottare strategie diverse, totalmente diverse da quelle di adesso, riconcepire gli spostamenti, la nostra alimentazione, le nostre fonti di energia. E forse non basterà per invertire la rotta. Dovremo imparare a convivere, a limitare il problema del cambiamento climatico con nuove infrastrutture, con nuove scoperte scientifiche che non consentiranno più le emissioni zero bensì quelle al negativo, con nuovi tipi di materiali.
La verità è che siamo pronti a farlo. Di certo la scienza e la tecnologia non ce lo impedisce.
La ridefinizione delle priorità mondiali deve prendere in considerazione l’interezza delle nostre relazioni uomo-ambiente.
Una visione più filantropica, intesa come l’avvio di azioni volte a migliorare le condizioni dei paesi più poveri, dovrebbe essere alla base di un nuovo mondo assieme a una visione ecologica.
L’economia dovrà essere ecologica come presupposto.
Perché lo squilibrio che abbiamo creato, sia tra diverse parti del mondo sia tra l’ambiente naturale e quello artificiale, è troppo grande e se non lo facciamo noi, la terra troverà il modo di riequilibrarsi a discapito nostro.
Siamo parte di un sistema complesso e ci troveremo presto di fronte a un mondo molto diverso da quello che siamo abituati. Ma con una nuova politica, una nuova economia e un nuovo approccio alla natura e alla tecnologia potrebbe ancora essere un mondo vivibile. E magari fiorente.
Di sicuro più verde.
Perciò vale la pena tentare e ognuno di noi ha l’obbligo di diventare un cittadino della Terra più responsabile, di parlarne, di agire come può, di non restare comodo sulla poltrona con l’aria condizionata al massimo senza ascoltare tutte le grida di aiuto che il mondo sta lanciando.
E se non volete farlo per il pianeta, fatelo per i ragazzi.